Devo dire di aver pensato a lungo se scrivere o meno questa personale digressione sul tema corsa.
Anche se di totale digressione non si tratta perché: avete mai pensato a quante aderenze allegoriche sono possibili tra la vita e la corsa?
Da molto presto, mi sono abituato a pensare a quanto la vita vada intrapresa un passo alla volta, mettendo un piede avanti all’altro; tanti passi quanti ne occorrono per la strada che ci si para davanti; cercando di trovare il giusto ritmo, né troppo lento, per non rimanere indietro e/o non farsi superare, né troppo veloce con il rischio di affaticarsi e scoppiare o infortunarsi prima di… tagliare il traguardo.
Quanti traguardi ci siamo prefissati, quanti ne abbiamo tagliati, quanti ne auspichiamo?
E dunque si cerca la gara che allo stato attuale è più congeniale, quella che pensiamo ci possa permettere di raggiungere un risultato ottimale, che sappiamo esserci precedentemente preparati in maniera funzionale e certi di poter affrontare a viso aperto, senza remore. O magari provarci? scegliere quel traguardo che vediamo lontano… va bene, ci provo anche se è difficile ma, se ci riesco la mia felicità sarà doppia!
Come persona intraprendente e sicura delle proprie risorse ho sempre scelto quest’ultimo tipo di traguardo, è un tratto che è sempre stato distintivo del mio essere. Se non facessi così non mi sentirei tranquillo con il mio io.
Quindi eccomi qua!
Ma, nonostante in vita mia abbia tagliato qualche traguardo soddisfacente sia in (poche) gare podistiche e OCR (Obstacle Course Race) che in altri ambiti, lavorativi e non (si, sono pieno di hobbies…), la vita mi ha messo di fronte al dover fare un ulteriore distinguo: traguardi che posso raggiungere con le mie forze, traguardi dove le mie forze non servono a nulla e, sine causa, proprio non sono riuscito a tagliare. Lo volevo, con tutte me stesso, ma per quanto mi fossi sforzato di raggiungerlo, non ce l’ho mai fatta.
Ed è stato frustrante, perché le conosco le mie risorse fisiche e mentali. Sono convinto di averne così tante per me che molto spesso le offro, eppure…
È innegabile quanto questi “mancati arrivi” possano somigliare a quella maledetta crisi che arriva nel bel mezzo della prestazione, quella che non riesci a superare e che, se prosegui, l’infortunio ti stronca di netto come il taglio di una falce.
La corsa però insegna che la passione, la dedizione ed il costante allenamento portano il frutto delle proprie fatiche. Basta saperlo aspettare e successivamente, con lucidità, trasporre l’attenzione su un nuovo traguardo, in una gara che probabilmente già stavi correndo ma alla quale non stavi dando tutta l’importanza che, invece, necessita e anzi, merita.
Emozione.
È probabilmente quello che importa di più e proprio per questo ho iniziato a correre. Da poco, solo 3 mesi. Ricordando quanto mi emozionarono quei traguardi raggiunti e tagliati senza neanche sapere come.
Ho conosciuto il Team Camelot per puro caso passeggiando con Dug, il cucciolo di casa, notando che altri cuccioli (di essere umano) si allenavano nella mia zona, con dedizione in una casacca verde, chiedendo informazioni ai gentili Natale e Fausto.
Da lì in poi ho avuto la possibilità di vivere la corsa con condivisione. 3 mesi in cui mi sono scontrato con una disciplina gentile ma dura come non credevo, io che vengo dal pugilato, dove però le persone ti accolgono sorridenti, dove gli eventi sono carichi di colore, musica e amore.
È quel che cercavo, di cui avevo bisogno.
Amore.
Alla fine, la vita va amata così come viene, un passo alla volta, un km alla volta, un traguardo alla volta. Ed è per questo che ad ogni traguardo che sono in procinto di tagliare, prendo il telefono e faccio una videochiamata a mia moglie. Per tagliarlo con lei e condividere la mia emozione.
Questa, la mia corsa.
Questo è il mio traguardo.